Le 5 leggende (e misteri) modenesi5 min read

Misteri e leggende che si fondono in tradizione e superstizione del territorio. Le storie più e meno famose della nostra provincia raccontate nell’era digitale. Ecco a voi le 5 leggende modenesi da sapere.

1 La leggenda del Bucamante

Cascate del Bucamante - Leggenda
Cascate del Bucamante (Serramazzoni) – Foto Ruggero Baldaccini

Le origini storiche dietro al mistero E’ una delle leggende dell’Appennino più note e più intriganti. L’ambientazione riguarda le cascate del Bucamante, che devono il loro nome alla tragisca storia del pastore Titiro e della nobile dama Odina. Lei era bellisima, giovane, bionda ed era solita fare lunghe passeggiate per i boschi in compagnia della sua domestica, e fu in una di queste camminate che incontrò il giovane pastore Titiro, anch’egli bellissimo.

I due si innamorarono, per poi incontrarsi in segreto, ma un giorno la domestica invidiosa disse tutto ai genitori di Odina, che fecero rinchiudere la figlia nel castello.

Odina però riuscì a scappare e raggiunse Titiro, ma non passò molto tempo che udirono le voci dei domestici in lontananza, così, capendo che il loro amore sarebbe finito, si gettarono dalle cascate del Bucamante, in un tenero abbraccio che li avrebbe uniti per l’eternità.

2 La leggenda di Messer Filippo

Torrione di Spilamberto - Leggenda
Torrione di Spilamberto – Foto presa dalla pagina ufficiale del Comune di Spilamberto

A Spilamberto nel 1947, durante i lavori di restauro al Torrione medievale finalizzati a sanare i danni provocati dal secondo conflitto mondiale, fu scoperta una cella segreta (mt. 2 x 1,50) i cui muri erano interamente ricoperti da iscrizioni graffite: un vero e proprio diario in forma di fumetto tenuto da un prigioniero che aveva viaggiato molto, non del tutto incolto, amante del “dolce stil novo” e che si esprimeva in rima.

La cella narra la storia di Messer Filippo (Felippus, come si legge sui muri), un mercante (probabilmente spagnolo) vissuto nel secolo XVI che, navigando giunge a Spilamberto per offrire le proprie sete e mercanzie alla bella castellana di cui si innamora. Ma è un amore proibito che lo conduce alla morte ed in attesa del supplizio, rinchiuso in questa angusta prigione, lascia il suo racconto sulla pietra.

La leggenda vuole che prima di morire il giovane mercante abbia fatto udire alla sua bella, lontana dal luogo del patibolo, il suo lamento d’amore ed ancora oggi, nelle calde notti estive, sia facile udirlo.

Diversi studiosi si sono cimentati nello studio dei graffiti concordando che essi risalgono al sec. XVI; molte rime e molti disegni, ingenui e con didascalie racchiuse in riquadri come appunto nei moderni fumetti, sono ancora leggibili anche se sempre più labili.

Fino ad ora gli esperti interpellati non sono stati in grado di arrestare il processo di decomposizione del materiale utilizzato per dare colore ai graffiti, materiale la cui composizione è molto discussa: sangue? sostanze biologiche?, acque mista a polvere di pietra? Tutto contribuisce ad infittire il mistero di questa cella e del suo abitatore che gli Spilambertesi considerano ormai loro concittadino,visto che da cinquecento anni dall’alto del Torrione ne osserva, discreto, le vicissitudini.

3 Lago Santo Modenese, ma perché “Santo”?

Lago Santo Modenese - Leggenda
Lago Santo Modenese – Foto Alfredo Martinelli

La leggenda più poetica narra di due pastorelli che in tempi antichi portavano a pascolare i loro greggi lungo le rive del lago. Il loro amore era però contrastato dalle rispettive famiglie. In una calda giornata di primavera, i due innamorati decisero di incontrarsi ancora una volta presso il lago.

Il pastorello giungeva dalla confinante Garfagnana mentre la giovinetta proveniva dall’Emilia. Quando si videro, l’uno sulla sponda del lago opposta all’altra, si corsero incontro per abbracciarsi ma il ghiaccio che copriva le acque del lago, si ruppe sotto di loro inghiottendo così i due innamorati nel loro ultimo abbraccio. Da qui, il nome di “Santo”.

4 Il Castello delle Fate

Quando nell’alto medioevo il solitario e trincerato castello di Levizzano proiettava la sua fosca ombra; l’umile gente lo squadrava da lontano, fu allora che si tramandò di bocca in bocca la leggenda delle fate.Si narrava di bellissime fate di bianco vestite che nelle notti di luna piena danzavano sugli spalti del castello, leggiadre e lievi come libellule. Qualche vano di finestra allora si illuminava.

Quando l’alba tingeva l’oriente: fugando le ombre, le bellissime fate sparivano. Tutto ricadeva nel mistero e la gente era convinta che le fate fossero le padrone del castello; bellissime creature passate a miglior vita e che tornavano a riammirare i luoghi cari al loro cuore, ove avevano trascorso l’esistenza.

 

Castello di Levizzano Rangone - Angelo Nacchio
Castello di Levizzano Rangone – Angelo Nacchio

5 La dama bianca al Palazzo dei Pio a Carpi

Un’antica leggenda racconta che la torre medievale detta dell’Uccellino nel Palazzo dei Pio a Carpi sia stata abitata nei secoli passati da una bellissima dama, moglie di uno dei signori Pio che governava la città. E’ la leggenda della “Dama Bianca” al Palazzo dei Pio a Carpi.

Non si sa bene se Bianca era il nome della ragazza o il colore dell’abito e della luce che emana quando appare. La versione ufficiale dice che la dama avesse un marito davvero crudele, rozzo e rude, un guerriero al servizio dei signori di Milano. Si afferma che la cattiveria di quest’uomo lo indusse a far uccidere la bella moglie e farla gettare da una finestra del Palazzo.

La Dama avrebbe poi lanciato una maledizione secondo la quale ella sarebbe apparsa tre giorni prima della morte di qualcuno della famiglia per arrecare angoscia e dolore a gli ultimi giorni di vita degli stessi, e sembra che così sia stato. Diversa è la versione che si sente mormorare d’estate dai ragazzini che si radunano in piazza.

Sembra che la Dama si fosse, in realtà, buttata dalla finestra una sera in cui al Palazzo c’era una festa meravigliosa e le era stato impedito di partecipare poiché era presente anche il suo innamorato, un giovane che le proibivano di vedere per evitare scandali con il marito.

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