Marano sul Panaro è un fiorente centro agricolo-industriale situato sulla riva sinistra del Panaro, a circa 27 km da Modena.
Al viaggiatore proveniente da Vignola il paese rivela subito la sua funzione storica di sentinella, posta a vigilare un passaggio obbligato tra fiume e borgo.
Anticamente chiamato Marano di Campiglio, per distinguerlo da Marano degli Araldici (l’attuale Maranello), è citato per la prima volta in un documento dell’887 con il nome di Castiglione (o Verdeta) e le fonti parlano di un Vico Feroniano, contrapposto ad un Vico Sabiniano (Savignano sul Panaro), dedicato a Feronia, dea delle acque e delle selve.
Il rinvenimento nella zona di antiche monete suggerì probabilmente la seguente leggenda sulle origini di Marano, che tuttora sopravvive nella tradizione popolare: gli abitanti del Vico Feroniano veneravano una mitica capra d’oro sepolta sotto il monte Verdeta con un immenso tesoro; il culto resistette alla diffusione del Cristianesimo e quanti si convertirono alla nuova fede furono addirittura costretti a lasciare la sponda destra del fiume e a rifugiarsi su quella sinistra, dove sorse una città di fuggiaschi di varia origine e nazionalità, bollati con il nome di ”marrani”, appellativo riservato ai neoconvertiti ebrei dall’Inquisizione di Spagna (1380).
Anche se l’ipotesi è suggestiva, bisogna considerare che la migrazione avvenne realmente in epoca più remota, intorno al sec. XI; le prime istituzioni di cui si abbia notizia sono infatti longobarde, come la decanìa, (nucleo di dieci famiglie) e la centanìa, un organismo più vasto che comprendeva più decane.
Si può credere che Marano sia stato fondato, dopo la distruzione del Castrum Feronianum, come caposaldo sulla Via Claudia, a difesa di uno sbocco in pianura dello Scotenna.
I soldati qui dislocati in pianta stabile potevano usufruire di vaste terre da destinarsi in parte alla coltivazione, in parte al pascolo e al bosco.
Le nuove genti si unirono ai discendenti dei più antichi abitanti della zona, i terramaricoli, la cui civiltà è in questo caso sinonimo di civiltà preistorica, perché non esistono reperti anteriori all’Età del bronzo in territorio maranese.
Il nome di Marano deriva da “terra marna” (in dialetto mèrna), la terra grassa con cui nel secolo scorso si concimavano i terreni.
Dagli scavi delle terramare, collinette alte da due a quattro metri sulla pianura, sono emerse delle ampie zone archeologiche, con grande abbondanza di cocci, bronzi e ossa lavorate, resti degli antichi insediamenti, accumulatisi nel tempo.
La terramare di Castiglione fu scavata e studiata nel secolo scorso da don Domenico Crespellani e da Arsenio Crespellani; aveva forma rettangolare (metri 114×54) ed uno spessore di circa tre metri.
Il complesso dei materiali rinvenuti (spade, coltelli, asce, ossa, cocci etc.) è tipico della civiltà enea occidentale e databile all’Età del bronzo medio e recente( (fra i secoli XIV e XIII a.C.).
Tornando alla storia del paese, si può affermare che essa si identifica fin dal Medioevo con quella del suo castello di cui si ignora la data di costruzione, ma che è citato dalle fonti d’archivio già nel 1100.
Attorno al castello sorsero le abitazioni del borgo, la chiesa, il cimitero e Marano, ricco e ben munito, si inserì nel gioco politico delle grandi città, in particolare di Modena e Bologna.
Nel 1239 il castello fu assediato e conquistato dai Bolognesi, ma nel 1241 tornò, come buona parte del Frignano, ai Modenesi; nel 1305 Marano è di nuovo bolognese, ma nei dieci anni che seguono muta ancora patronato.
Nel 1326 subì anche le devastazioni delle truppe pontificie e, per evitare il peggio, si arrese spontaneamente insieme ai castelli di Guiglia e di Campiglio.
Le cronache riferiscono che gli abitanti del contado, terrorizzati, fuggirono a Modena, ma qui trovarono le porte della città sprangate per il timore che l’arrivo di una tale massa provocasse una carestia.
Dopo la reggenza dei Rangoni e dei Boschetti, il feudo di Marano tornò alle dirette dipendenze degli Estensi, a seguito dell’atto di sottomissione del Frignano (1337).
Le guerre sembravano terminate ma dal 1354 al 1368 il castello fu nuovamente oggetto di contesa fra i Visconti e la casa d’Este; occupato in seguito dai Pico della Mirandola fu riconsegnato agli estensi nel 1358.
Negli anni successivi vicende alterne videro Marano sottomesso ora ai Rangoni di Modena, ora ai Pio da Carpi, che Niccolò III d’Este aveva investito del feudo nel 1405.
Da ricordare è anche l’assedio del 1518, quando a Vignola era in atto la contesa tra Moreni e Tebaidi; i Tebaidi si rifugiarono nella rocca di Marano che, dopo un lungo assedio, fu incendiata e distrutta.
Foto copertina di Nacchio Brothers
Per saperne di più, visitate il sito del Comune di Marano sul Panaro